I believe in art as a means of expressing interiority and for this reason I don’t believe in the diktat that points out the path to follow.
I do not believe in rigid observation of patterns and rules that imprison inspiration in golden cages that distort and obscure the expression of personal creativity, made of uniqueness and singularities that cannot be superimposed.

The expressive currents unify retrospectively authors who for similarity of feelings or thoughts create works with different tools, techniques or subjects having however a common inspirational terrain.

Art does not have the task of teaching, but it has the duty to promote freedom.
And if it is true that the truth will set us free, then every artist has a duty to tell his own truth, regardless of what others may think.

The human figure is the bulls-eye of my art: a body that is not necessarily beautiful, precisely without reference rules, but significant from the point of expression.

A body that bears the signs of its own experience and reflects them without shame because they are the testimony of a life of pain or happiness, of disappointment or expectations, of reality and imagination.
Sometimes they are direct and raw paintings, a sort of reportage of sentiment, a snapshot of a moment, the result of thoughts on universal or news items, or reflections on intimate themes.

Mostly they are not merely descriptive works (in fact I rarely paint landscapes or still-lives, if not for mere exercise), nor do they have the presumption of being didactic and teaching those who will look at them.

However, they carry symbolism that lead us to reflect and reason in order to understand the thread of the underlying discourse. At most, they can be considered a sort of denunciation or large-scale posters (due to the great visual impact) of my opinions, of my way of feeling.

Another aspect of my art is the use of bright colors and bright contrasts that risk misleading the profound meaning of the work, making it attractive at first sight and therefore confining the attention of an audience not very attentive to the surface alone.

For this reason, the title of the work takes on a central role. This is the key to understanding why it provides the tools to arrive at the solution to the puzzle, a clue without which the full understanding of the representative intent could be frustrated.

Yet meaning can be reached even without clues because intuition, recalling individual emotion and experience, ensures that each spectator can give ample space to personal interpretation.

Credo nell’arte come mezzo di espressione dell’interiorità e per questo non credo nei dettami che indichino la strada da percorrere.
Non credo nella rigida ossevazione di schemi e regole che imprigionano l’estro in gabbie dorate che falsano e oscurano l’espressione della creatività personale, fatta di unicità e di singolarità non sovrapponibili.

Le correnti espressive unificano a posteriori autori che per similitudine di sentimenti o pensiero realizzano opere con strumenti, tecniche o soggetti diversi aventi però un comune terreno ispirativo.

L’arte non ha il compito di insegnare, ma ha il dovere di promuovere la libertà.
E se è vero che la verità ci renderà liberi, allora ogni artista ha il dovere di raccontare la propria verità, a prescindere da quello che gli altri possano pensarne.

La figura umana è il fulcro della mia arte: un corpo non necessariamente bello, per l’appunto senza canoni di riferimento, ma significativo dal punto dell’espressività.

Un corpo che porta i segni del proprio vissuto e li riflette senza vergogna perché sono la testimonianza di una vita di dolore o di felicità, di delusione o di aspettative, di realtà e immaginazione.
Alle volte sono dipinti diretti e crudi, una sorta di reportage del sentimento, di fotografia di un attimo, frutto di pensieri su temi universali o di cronaca, oppure di riflessioni su tematiche intimistiche.

Per lo più non sono opere meramente descrittive (infatti raramente dipingo paesaggi o nature morte, se non per puro esercizio), nè hanno la presunzione di essere didattiche e insegnare a quanti le vedranno.

Tuttavia recano simbolismi che inducono a riflettere e a ragionare per intuire il filo del discorso sotteso. Tutt’al più si possono considerarle una sorta di denuncia oppure dei manifesti a caratteri cubitali (per via del grande impatto visivo) delle mie opinioni, del mio modo di sentire.

Altro aspetto della mia arte è l’uso dei colori sgargianti e dei contrasti accesi che rischiano di sviare dal significato profondo dell’opera rendendola attraente a prima vista e quindi confinando l’attenzione di un pubblico poco attento alla sola superficie.

Per questo motivo il titolo dell’opera assume un ruolo centrale. Questo è la chiave di lettura perché fornisce gli strumenti per arrivare alla soluzione del puzzle, un indizio senza il quale si potrebbe vanificare la comprensione piena dell’intento rappresentativo.

Eppure si può pervenire al significato anche senza indizi perché l’intuizione, richiamando l’emotività e l’esperienza individuale, fa sì che ciascuno spettatore possa dare ampio spazio all’interpretazione personale.